La Tavola Bronzea venne trovata nel 1506 nel greto del torrente
Pernecco a Pedemonte di Serra Riccò da un contadino del luogo,
Agostino Pedemonte, mentre stava lavorando.
Attualmente è visibile presso il Museo di
Archeologia Ligure di Pegli.
Questa è la versione in italiano del testo riportato sulla Tavola:
«Quinto
e Marco Minucji, figli di Quinto, della famiglia dei Rufi,
esaminarono le controversie fra Genuati e Viturii in tale
questione e di presenza fra di loro le composero.
Stabilirono secondo quale forma dovessero possedere il
territorio e secondo quale legge si stabilissero i confini e
ordinarono di fissare i confini e che fossero posti i
termini. E comandarono che, quando fossero fatte queste
cose, venissero di presenza a Roma. A Roma di presenza
pronunciarono la sentenza, in base ad un decreto del Senato,
alle Idi di Dicembre sotto il consolato di Lucio Cecilio,
figlio di Quinto e di Quinto Muzio, figlio di Quinto.In base
alla quale sentenza fu giudicato: esiste un agro privato del
castello dei Viturij il quale agro possono vendere ed è
lecito che sia trasmesso agli eredi. Questo agro non sarà
soggetto a canone. I confini dell'agro privato dei Langati:
presso il fiume Ede, dove finisce il rivo che nasce dalla
fonte in Manicelo, qui sta un termine. Quindi si va su per
il fiume Lemuri fino al rivo Comberanea. Di qui su per il
rivo Comberanea fino alla Convalle Ceptiema. Qui sono eretti
due termini presso la via Postumia. Da questi termini, in
direzione retta, al rivo Vindupale. Dal rivo Vindupale al
fiume Neviasca. Poi di qui già per il fiume Neviasca fino al
fiume Procobera. Quindi già per il Procobera fino al punto
ove finisce il rivo Vinelasca; qui vi è un termine. Di qui
direttamente su per il rivo Vinelasca; qui è un termine
presso la via Postumia e poi un altro termine esiste al di
là della via. Dal termine che sta al di là della via
Postumia, in linea retta alla fonte in Manicelo. Quindi già
per il rivo che nasce dalla fonte in Manicelo sino al
termine che sta presso il fiume Ede. Quanto all'agro
pubblico posseduto dai Langensi, i confini risultano essere
questi. Dove confluiscono l'Ede e la Procobera sta un
termine. Di qui per il fiume Ede in su fino ai piedi del
monte Lemurino; qui sta un termine. Di qui in su
direttamente per il giogo Lemurino; qui sta un termine. Poi
su per il giogo Lemurino; qui sta un termine nel monte
Procavo. Poi su direttamente per il giogo alla sommità del
monte Lemurino; qui sta un termine. Quindi su direttamente
per il giogo al castello chiamato Aliano; qui sta un
termine. Quindi su direttamente per il giogo al monte
Giovenzione; qui sta un termine. Quindi su direttamente per
il giogo nel monte apennino che si chiama Boplo; qui sta un
termine. Quindi direttamente per il giogo apenninico al
monte Tuledone; qui sta un termine. Quindi già direttamente
per il giogo al fiume Veraglasca ai piedi del monte
Berigiema; qui sta un termine. Quindi su direttamente per il
giogo al monte Prenico; qui sta un termine. Quindi già
direttamente per il giogo al fiume Tulelasca; qui sta un
termine. Quindi su direttamente per il giogo Blustiemelo al
monte Claxelo; qui sta un termine. Quindi già alla fonte
Lebriemela; qui sta un termine. Quindi direttamente per il
rivo Eniseca al fiume Porcobera; qui sta un termine. Quindi
già per il fiume Porcobera fin dove confluiscono i fiumi Ede
e Porcobera; qui sta un termine. Sembra opportuno che i
castellani Langensi Viturii debbano avere il possesso e il
godimento di questo agro che giudichiamo essere pubblico.
Per questo agro i Viturli Langensi diano, quale contributo,
all'erario di Genua ogni anno 400 "vittoriati". Se i
Langensi non pagheranno questa somma e nemmeno soddisferanno
i Genuati in altro modo, beninteso che i Genuati non siano
causa del ritardo a riscuotere, i Langensi saranno tenuti a
dare ogni anno all'erario di Genua la ventesima parte del
frumento prodotto in quell'agro e la sesta parte di vino.
Chiunque Genuate o Viturio entro questi confini possieda
dell'agro, chi di essi li possieda, sia mantenuto nel
possesso e nel godimento, purché il suo possesso dati almeno
dalle calende del mese Sestile del consolato di L. Cecilio
Metello e di Quinto Muzio. Coloro che godranno di tali
possessi pagheranno ai Langensi un canone in proporzione,
così come tutti gli altri Langensi che in quell’agro avranno
possessi o godimenti. Oltre a questi possessi nessuno potrà
possedere in quell'agro senza l'approvazione della
maggioranza dei Viturii Langensi, e a condizione di non
introdurvi altri che Genuati o Viturij, per coltivare. Chi
non obbedisce al parere della maggioranza dei Langensi
Viturii, non avrà ne godrà tale agro. Quanto all'agro che
sarà compascuo sarà lecito ai Genuati e Viturii pascervi il
gregge come nel rimanente agro genuate destinato a pascolo
pubblico; nessuno lo impedisca e nessuno s'opponga con la
forza e nessuno impedisca di prendere da quell'agro legna o
legname. La prima annata di canone, i Viturii Langensi
dovranno pagarla alle calende di gennaio del secondo anno,
all'erario di Genua, e di ciò che godettero o godranno prima
delle prossime calende di gennaio non saranno tenuti a
pagare canone alcuno. Quanto ai prati che durante il
consolato di L. Cecilio e Q. Muzio erano maturi al taglio
del fieno, siti nell'agro pubblico, sia in quello posseduto
dai Viturii Langensi, sia in quello posseduto dagli Odiati,
dai Dectunini e dai Cavaturini e dai Mentovini, nessuno vi
potrà segare né condurvi bestie al pascolo, né sfruttare in
altro modo senza il consenso dei Langensi e degli Odiati, e
dei Dectunini e dei Cavaturini e dei Mentovini, per quella
parte che ciascuno di essi possederà. Se i Langensi o gli
Odiati, o i Dectunini o i Cavaturini o i Mentovini vorranno
in quell'agro stabilire nuovi patti, chiuderlo, segarvi il
fieno, ciò potranno fare a condizione che non abbiano
maggiore estensione di praterie di quel che ebbero e
godettero nell'ultima estate, Quanto ai Viturii, che nelle
questioni con i Genuensi, furono processati e condannati per
ingiurie, se qualcuno è in carcere per tali motivi, i
Genuensi dovranno liberarli e proscioglierli prima delle
prossime Idi del mese Sestile. Se a qualcuno sembrerà iniquo
qualcosa di quanto è contenuto in questa sentenza, si
rivolga a noi, ogni giorno primo del mese che siano liberi
da cause sulle controversie e sugli affari pubblici.»
Moco Meticanio, figlio di Meticone
Plauco Pelianio, figlio di Pelione
(da Wikipedia)
La Tavola Bronzea, nella foto, fu rinvenuta in una località della
Valpolcevera e consiste in una lamina di bronzo, sulla quale è
incisa un'iscrizione in lingua latina che riporta una sentenza
emessa dal Senato romano nel 117 a.C., relativa ad una controversia
tra i Genuati ed i Vitrurii sui confini dei rispettivi territori e
che rischiava di essere fusa, per riutilizzare la lega, se non fosse
intervenuto un porporato dell'epoca.
Quello che invece è poco noto è che fu firmata anche da "Plaucus
Peliani Pelioni filius", Plauco Pelianio, figlio di Pelione o Plauco
Pejan figlio di Pejon, il figlio del capo dei Vitrurii.
Dal suo nome deriverebbe il nome di Pegli (che era territorio dei
Vitrurii), oggi Genova-Pegli, secondo un interessante studio di
Gaetano Poggi (1856-1919), che fu Assessore alle Belle Arti del
Comune di Genova.
Curiosità... nei pressi del lungomare di Pegli, si trova Via
Piandilucco: in realtà in passato era indicata come Via Piandiluco
(la pronuncia in genovese tende a raddoppiare la lettera C) ed il
toponimo deriverebbe da Pian di Luco, poiché probabilmente nei tempi
antichi si trattava di un luogo sacro (luco).
(Considerazioni della Sig.ra ROBERTA GENOVA
su FB.)